Dietro "Il Grande Collasso"

13 luglio, 2023

Ci sono almeno quattro differenti libri che hanno influenzato la nascita del mio romanzo d'esordio (e dico "libri", non tutti sono di narrativa). Il tutto sparso su un tempo molto lungo: quasi trent'anni.

Di uno in particolare voglio parlare oggi: non parlo di un "libro indimenticabile" ma di un'opera che al tempo ebbe due semplici meriti:

  • intrattenermi con una buona lettura
  • mostrarmi qualcosa di nuovo e di mai visto prima nella narrativa, tanto più dal ricordare ancora oggi, a distanza di decenni, la strana sensazione che provai nel vedere "quella pagina".

Jurassic Park

Non è una metafora! Avete letto bene, è già mi immagino amanti del genere fantascientifico storcere il naso.

Nel 1993 (più o meno) non ero un appassionato di fantascienza: era il genere fantasy a farla da padrone nelle mie preferenze, ma "qualcosa" di fantascienza avevo comunque già letto. Casomai qualcuno se lo stia chiedendo: la "vera passione" per il genere arrivò poco dopo, col Ciclo della Fondazione di Asimov.

Ad ogni modo: in quel periodo il mondo del cinema era in subbuglio per un nuovo grande film di Spielberg che era vicino ad uscire nelle sale. Per l'appunto: Jurassic Park.

Il problema di Jurassic Park è solo uno: tutto quello che è venuto dopo. A partire dal (tanto brutto dall'essere quasi illeggibile) romanzo sequel "Il Mondo Perduto" e dalla marea nera di altri seguiti/spin-off che si sono susseguiti negli anni fino a ieri e dai quali io mi sono tenuto alla larga.

Eppure… il film originale è stato un gran bel lavoro, lasciatemelo dire.

Sapevo che il film era tratto da un libro di uno scrittore che già conoscevo: Michael Crichton.

La copia di "Jurassic Park" che lessi da ragazzino, ancora in mio possesso — edizione Euroclub
La copia di "Jurassic Park" che lessi da ragazzino, ancora in mio possesso — edizione Euroclub

Per me Crichton era l'autore di Sfera, il primo libro di fantascienza della mia vita e che ancora oggi reputo un grandissimo romanzo.

Il mio primo libro di fantascienza: "Sfera", ancora in mio possesso (bellissima copertina) — edizione Garzanti
Il mio primo libro di fantascienza: "Sfera", ancora in mio possesso (bellissima copertina) — edizione Garzanti

Forse già mosso dal senso di "non voglio rovinarmi il libro guardando prima il film" di cui ancora oggi soffro terribilmente, ricordo che acquistai velocemente il romanzo nel tentativo (credo riuscito) di leggerlo prima di andare al cinema.

Ma non è del libro in sé che voglio parlare quanto di una "cosa nuova" che vi trovai all'interno.

Vi è mai capitato di trovare dei disegni, schemi o grafici all'interno di un romanzo? Probabilmente sì: è un mezzo che la fantascienza può permettersi di usare mentre in altri generi è magari più raro.

Prendiamo di nuovo Sfera: questo racconto è pieno di codici numerici, che rendono la storia affascinante e misteriosa.
E non mi serve andare così indietro nei miei ricordi per trovare altri esempi simili: mi vergogno nel dire che solo di recente ho scoperto Silverberg, e con lui L'ottimo racconto La Torre di Cristallo.
Anche qui, anche se in misura minore, troviamo pagine contenenti "codici".

I codici numerici in "La Torre di Cristallo"
I codici numerici in "La Torre di Cristallo"

Ma parlavamo di Jurassic Park: mai prima mi era capitato di trovare del codice sorgente all'interno di un romanzo.

La programmazione nella letteratura

Da ragazzino programmavo software per hobby: la programmazione mi ha sempre affascinato, tanto da diventare poi il mio indirizzo di studio e, in seguito, la mia professione.

Per questo motivo trovare degli snippet di codice sorgente all'interno di un libro mi aveva colpito, perché lo avevo sempre visto come qualcosa da relegare ai libri di testo dedicati.

Stiamo parlando di codici che sembrano reali (mi ricordavo fossero nel linguaggio di programmazione C ma a quanto pare mi sbagliavo).

Uno stralcio di codice sorgente mostrato in "Jurassic Park"
Uno stralcio di codice sorgente mostrato in "Jurassic Park"

È in quel momento che mi sono fatto una domanda che non ho più dimenticato:

Sarebbe possibile intrattenere un pubblico con l'informatica?

Notate bene: il codice sorgente in Jurassic Park è spezzato in vari capitoli ed è un momento del libro che il film tocca a malapena. Non è propriamente centrale nella trama ma aggiunge profondità alla storia; al Giovane Me rese il libro dieci volte più reale.

Ci sono stati altri casi?

Qui viene il bello. Ne ricordo davvero pochi.
C'è stato sempre Crichton, anni dopo, con Preda.

La copertina di "Preda", ancora in mio possesso (non sono molto d'accordo con l'opinione del Publishers Weekly, per quanto dopo "Timeline" tutto è lecito) — edizione Garzanti
La copertina di "Preda", ancora in mio possesso (non sono molto d'accordo con l'opinione del Publishers Weekly, per quanto dopo "Timeline" tutto è lecito) — edizione Garzanti

Di "Preda" non ho grandi ricordi; la parte dove il codice viene mostrato al lettore mi è sembrata fatta un po' a casaccio, niente di comparabile con i motivi dietro a Jurassic Park.

Uno stralcio di codice sorgente mostrato in "Preda"
Uno stralcio di codice sorgente mostrato in "Preda"

Spostiamo l'attenzione su un genere che fa del rapporto uomo-computer il suo cuore: il cyberpunk.

Se andiamo a toccare mostri sacri del genere, il codice sorgente non è mai il fulcro delle trame (è, anzi, spesso completamente assente).
Questa non vuole essere una critica: se prendiamo una grande opera come la Trilogia dello Sprawl, l'interazione tra uomo e computer viene spinta al limite, descrivendo mondi credibili e decadenti ed inventando un linguaggio nuovo (la creazione del linguaggio, che pagina dopo pagina diventa naturale al lettore senza mai avere il bisogno di "fare lo spiegone", è stato per me il grande successo di questo ciclo) ma tutto è onirico: i personaggi si infilano un casco da cyberspazio ed entrano nella matrice.

Per chi è cresciuto con (o nato dopo) Matrix, tutto questo sembrerà scontato, ma stiamo parlando di libri scritti all'inizio degli anni '80.

Lo ripeto… gli anni '80!

Queste storie hanno avuto enormi meriti: hanno plasmato l'immaginario di una generazione, descrivendo quello a cui vogliamo (o non vogliamo) arrivare con la tecnologia, hanno anticipato i tempi e ci hanno dato nuovi modi di chiamare queste realtà fornendoci termini nuovi, come il tanto abusato Metaverso (un vocabolo che purtroppo sto iniziando a mal sopportare, al pari di "Resilienza").

Rendere l'informatica interessante in un romanzo

Torniamo a noi.

Come dicevo: neanche l'opera di Crichton si spinge molto oltre… mostra il codice sorgente, e questo rende l'importanza dell'informatica palpabile, ma si ferma lì.

Torno alla domanda che mi ero posto allora e che mi ha ossessionato per molto tempo, fino all'anno 2015 quando nacque l'idea de "Il Grande Collasso".

Può essere l'informatica importante in un racconto?

È una sfida difficile, forse un po' pretenziosa per un'opera prima, ma l'idea dietro al mio romanzo è anche questa. Immagino un futuro, questo è vero, ma la trama contiene uno sguardo al passato della programmazione (che è il nostro presente).
Il tutto con lo scopo di essere comprensibile e interessante, accompagnando i personaggi nella lotta contro una grande minaccia e la soluzione di un enorme enigma.

Quindi parla di informatica 🤔?

Non sono un idiota. Un libro che parlasse solo di informatica non lo leggerebbe neanche mia madre.

Se Mr. Robot avesse solo parlato "di computer e hacker" per quattro stagioni, non avrebbe avuto il (meritato) successo ottenuto.

Una cosa devo ammetterla: una vecchia bozza del racconto era più lunga di qualcosa come dieci pagine perché tentava di entrare in dettaglio. Non è mai stato un romanzo hard sci-fi ma ero stato preso dal pallino del rendere la parte che mi compete credibile ai "miei pari" (qui inteso come altri sviluppatori software e non 40enni in crisi di mezza età che si trovano un nuovo hobby).

Dopo il primo feedback, ricevuto da una persona competente nel campo dell'editoria, ho capito che in questo modo avrei danneggiato tutti:

  • la gente del settore troverebbe comunque da ridire
  • tutti gli altri (che sono il pubblico vero) non troverebbero la lettura piacevole (di nuovo: neanche la mamma)

Ho capito l'errore e sono tornato sui miei passi. La tecnologia e l'informatica sono importanti in questo racconto, ma non faccio altro che fare un passò in più di quanto fece Crichton in Jurassic Park (nel mio piccolo, ovviamente).

Vengono introdotti alcuni concetti di programmazione semplici, questo è vero, ma il focus è su altro.
Vediamo gli eventi dal punto di vista di un "architetto del software", portando alla luce alcuni aspetti negativi del mio lavoro (o della versione futura che ho immaginato) e che vivo sulla mia pelle.
Vi troverete anche riflessioni sulle intelligenze artificiali e sulla dipendenza dalla tecnologia, per quanto il futuro che ho immaginato è piuttosto particolare (è un futuro felice, dove "le cose sono andate bene", ma questo ha avuto un prezzo).

Infine, per chi sa leggere tra le righe, si parla anche di cambiamenti climatici, ma lo faccio volutamente in maniera superficiale per motivi che ho spiegato altrove e qui non mi ripeto.

Per concludere: che ne dite di provare a leggere qualcosa di diverso?


Se vuoi continuare con le fonti di ispirazione che hanno portato a questo romanzo, leggi anche la seconda e ultima parte.


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